Lo chiamano Brènda, e già nel nome sembra contenere il respiro di una terra antica, un luogo in cui il sole, alto e generoso, disegna ombre profonde sui filari. Qui, a 350 metri d’altitudine, alle falde del Pollino, le vigne respirano il calore della Calabria e la brezza che scivola dal mar Ionio, portando con sé una promessa di sapidità e freschezza. È un vino rosso che nasce da un gesto paziente, quasi un atto d’amore: la raccolta manuale, la breve macerazione, la fermentazione spontanea con lieviti indigeni. Tutto accade in silenzio, come se la natura e l’uomo si scambiassero segreti antichi.
La scelta di non filtrare Brènda regala un carattere schietto, quasi primordiale, un abbraccio rustico che preserva l’anima più vera del frutto. Al primo sorso si ha la sensazione di scoprire un luogo: un intreccio di note di frutta rossa matura, cenni di spezie, e quel lieve soffio minerale che racconta il suolo calabrese. È un vino che invita a rallentare, a sentire il tempo sulla lingua, a immaginare i grappoli raccolti a settembre, la pazienza dell’attesa, l’affinamento sulle fecce fini per sei mesi.
In ogni calice si percepisce il dialogo tra l’istinto della vigna e la mano dell’uomo, un dialogo delicato e al contempo profondo, come una musica antica. Brènda è un rosso che non urla ma parla sottovoce, lasciando che la Calabria, con i suoi tramonti rossi e la sua luce vibrante, si faccia strada dentro di noi. Un vino che nasce dal lavoro, dal rispetto e da quella leggera magia che fa della terra un’opera d’arte.
L’etichetta è impreziosita da un’opera unica dell’artista calabrese Massimo Sirelli, che rappresenta il centro storico, il nido. La stratificazione di vie e “rughe”, il gomitolo. L’intreccio di storie e persone, tradizioni e costumi.
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